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Happy End of the World!

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Silenzio. Solo il mio respiro spezza l'immobilità del mondo. Nulla si muove nell'oscurità. Seduto al mio balcone, espiro lentamente il fumo della sigaretta, contemplando lo spettacolo sotto ai miei occhi. C'era una bella vista da casa mia, fino a qualche giorno fa. Do un'occhiata al mio orologio. Il quadrante segna le 23:58. Un improvviso gracchiare mi distoglie dai miei pensieri. Vita. Mi pare così strano. Da molti giorni l'unico rumore che giungeva fin quassù erano esplosioni e crepitare di fiamme e urla lontane, prima che giungesse la neve. Ora un manto candido ricopre le rovine fumanti di quella che fu la mia città, che giace carbonizzata, rasa al suolo dalla furia del 21 dicembre.

In principio fu la luce.
Una grande luce abbagliante, come se le stelle fossero esplose tutte insieme sopra le nostre teste. Inizialmente non credemmo ai nostri occhi. Dopo anni e anni di bombardamento mediatico, dopo persino un libro di Giacobbo, ci sembrava semplicemente troppo assurdo, quasi surreale, che stesse realmente succedendo qualcosa, qualcosa che sempre più somigliava a un cataclisma, per quanto non ne capissimo la natura.
Ricordo bene quegli attimi. Vestito come un Maya, completamente ubriaco dopo ore e ore di festa selvaggia, alzando gli occhi mi venne solo da vomitare. E così feci. Ma non servì. La luce si faceva sempre più intensa, e la terra iniziò a tremare. Ci volle un attimo, poi il panico scoppiò, confuso, disordinato, mortale come sempre. Tutti correvano all'impazzata, pianti e urla di terrore si diffusero in un istante. E in sottofondo, l'orribile musica trash della festa da cui venivo continuava a suonare, imperterrita. Il suolo tremava sempre più forte, e gli edifici iniziarono a venire giù, come tanti castelli di sabbia. Ma poi arrivò l'incredibile. La luce si divise. Tante luci, tutte egualmente abbaglianti, scesero sopra di noi. E la distruzione ebbe inizio.

I loro raggi spazzavano il terreno, incenerendo qualsiasi cosa incontrassero. Fuoco e fiamme si diffusero dappertutto, e il suolo iniziò a spaccarsi. Dal mare vennero onde gigantesche, che spazzarono tutta la costa, inoltrandosi tra gli edifici per chilometri e chilometri. Le luci saettavano nel cielo, distruggendo tutto. Tutto. Erano velocissime. Recuperando un po' di lucidità di colpo, corsi, corsi come un dannato, come se non ci fosse stato un domani -  possibilità che in quel momento mi parve più concreta che mai. Correvo come un disperato. E intanto pensavo. Pensavo che eravamo degli stolti. Che eravamo stati avvertiti, che i Maya non aspettavano l'anno Mille, cazzo, aspettavano qualcosa di concreto, e noi come fessi ne avevamo riso, seppellendo questo avviso di prepararci nell'oblio dei conquistatori. Stolti. Eravamo stati avvertiti. Una luce schizza a folle velocità sopra di me. Eravamo stati avvertiti. Passa un secondo e un'esplosione violentissima ha origine alle mie spalle. Eravamo stati avvertiti. Eravamo stati avvertiti, cazzo! L'onda d'urto mi scaglia lontano, un volo di almeno una ventina di metri, forse anche più, dritto contro il parabrezza di un suv abbandonato in mezzo alla strada. Eravamo stati avvertiti. Urla strazianti e altre esplosioni sono l'ultima cosa che vedono i miei occhi stanchi ed ebbri d'alcol. Eravamo stati avvertiti...

Fu il freddo a svegliarmi. Una fredda pioggia che cadeva incessante su tutta la città, compresa la mia faccia. Mi sentivo dolorante in ogni singola parte, dalla testa ai piedi. Mi alzai a fatica. Qualche osso non reggeva bene lo sforzo. Mi mancava il fiato. La testa mi girava. Ed ero completamente zuppo. Mi alzai in piedi, col fiato spezzato dallo sforzo di quel semplice gesto, tenendomi la gabbia toracica. Mi guardai attorno, allucinato dallo spettacolo che si offriva ai miei occhi. Dappertutto solo ammassi di rovine nere, ancora fumanti per incendi vari in corso. Non riuscivo neppure a pensare. Era tutto semplicemente troppo assurdo. Troppo, troppo assurdo. Rimasi fermo così per un lasso di tempo indefinito, prima di riscuotermi. Stavo congelando vivo. Con non so quale forza, feci un passo, un passo lento e breve, che mi costò una fatica immane. Poi un altro, e poi un altro ancora. Mi incamminai così, solo e sbigottito, verso casa. Ovunque mi voltassi, i miei occhi trovavano solo morte e distruzione. Chiamai disperatamente, sperando che qualcuno mi rispondesse. L'unica forma di vita che trovai fu un cagnone nero, un labrador, che guaiva anch'egli disperato accanto al corpo del suo padrone, schiacciato da un cumulo di macerie. Lo raccolsi, convincendolo a seguirmi. Era un giocherellone, iper-attivo e molto sbavoso, tanto che così decisi di ribatezzarlo, Sbavoso. Con lui proseguii la strada verso casa, tra le macerie ancora fumanti della città. Mi fermai quando incappai nelle rovine di un Burger King. Rimasi perplesso per qualche istante, prima di addentrarmi nella struttura fatiscente, in cerca di cibo. Trovai qualche panino, ancora tiepido, nonostante l'inverno sopraggiunto. Avevo scoperto di morire di fame. Anche Sbavoso era nelle mie condizioni, da come si sbaffò svariate confezioni di patatine. Ne uscimmo rifoccilati. Ma la sensazione di abbandono che provavo era solo aumentata. Era un'angoscia silenziosa e pesantissima, che mi gravava addosso come un macigno; era la devastante consapevolezza, che andava acuendosi di ora in ora, di essere solo. Solo. L'ultimo dei Mohicani. Era un'idea così pesante anche solo da formulare che mi rifiutavo di farlo, lasciando che sedimentasse dentro di me indirettamente, in forma incoscia. Un paio di volte mi dovetti fermare, paralizzato all'idea di non trovare nessuno neppure al prossimo passo. E nel frattempo, la pioggia si era convertita in neve, e sull'orizzonte cupo e desolato un sole rosso come il sangue andava morendo. Col crepuscolo alle spalle, continuai la mia marcia, in compagnia di Sbavoso.

Per sette giorni e sette notti la neve scese senza sosta, copiosa, lenta, persino maestosa. Un freddo rigido, polare, avvolse il mondo intero. Da casa mia riuscì a prendere lo stretto indispensabile per tirare avanti mentre organizzavo le idee. Finché continuava a nevicare era velleitaria anche la sola idea di potersi allontanare più di cento metri. Io e Sbavoso ci costruimmo un piccolo rifugio, sfruttando casa mia, che era rimasta perlopiù intatta. Cibo non mancava, le dispense del condominio erano intatte e straboccanti. Misi da parte tutto quello che potevo e consumai i beni deteriorabili, come le carni nei frigoriferi. Sbavoso contribuì a smaltire tutto quel bendidio. Per giorni e giorni osservammo dal nostro rifugio la neve cadere e ricoprire le vestigia della civiltà umana, di cui ero potenzialmente l'unico e ultimo erede. Devo dire che anche le abbondanti riserve di alcol che trovai mi aiutarono non poco, sia a scaldarmi sia a non pensare troppo alla situazione disperata in cui mi trovavo.
Infine, com'era iniziata, la neve smise di cadere. Ed eccoci qua, sul balcone di casa mia, a contemplare lo spettacolo della mia città, una metropoli da milioni di abitanti, completamente rasa al suolo, come fosse d'argilla, ricoperta di neve, a nasconderla per sempre alla Storia; il tutto mentre mi fumo una sigaretta e prendo un caffé in compagnia di questo sacco di pulci dal pelo nero che mi guarda con la lingua penzoloni, in attesa della pallina.
Ricontrollo l'orologio. 0:01 recitano le lancette. Sorrido, abbassandomi per accendere le micce col mozzicone della sigaretta. I razzi partono in serie, come li accendo, esplodendo con boati festosi nel cielo scuro. Buon capodanno, Terra, penso, prima di rientrare in casa, più triste che mai.
Ci metto qualche secondo, prima di capire cosa sentono le mie orecchie.
Mi precipito nuovamente in balcone. Incredulo, mi stropiccio gli occhi, per essere certo di cosa vedo. L'euforia mi assale, mentre corro ad afferrare uno zaino, preparandomi in fretta e furia per uscire. Il cane percepisce il mio entusiasmo e latra gioiosamente, convinto di stare per andare a giocare. Guardo ancora, prima di uscire. Sì, sono ancora là. Corro.
Qualcuno ha sparato altri fuochi d'artificio.
Pezzo scritto per il concorso "21-12-2012" del gruppo Arte Scritta. Spero possa piacere. Buona Lettura e felice fine del mondo a voi!
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